giovedì 11 maggio 2017

DOPO  MACRON,  OLTRE  MACRON

una “Convention” per l’Europa?

(il “Dubbio”, 9 maggio 2017)

Bene, dunque, Emmanuel Macron supera la difficilissima prova elettorale  battendo largamente una tosta Marina Le Pen. La Francia, il Paese chauvinist per antonomasia, avrà ora un Presidente nettamente europeista.

E ora, noi che facciamo? Proprio così:  noi, che facciamo? Lui il suo compito lo ha assolto. Noi, invece, nemmeno abbiamo capito quale sia, il nostro. Certamente, Macron non è un seguace di Spinelli, forse ne ricorda appena il nome, capitatogli sott’occhio in qualche lettura poco più che giornalistica; forse il suo europeismo prevede, al massimo, il rafforzamento dei tapporti  con la Germania, auspicati non solo da Schulz ma dalla stessa Merkel: una prospettiva destinata ad aprire presto qualche dissenso con il governo italiano, o con quel Renzi che bacchetta e rimbecca il Presidente del Consiglio in carica, Gentiloni, per far capire a tutti che nella stanza dei bottoni c’è sempre lui. E lui ha una  visione dell’Europa in  notevole misura antitetica a quella di Macron. Renzi vuole aprire una bagarre pregiudiziale, invocando  la necessità di apportare cambiamenti alla attuale  governance dell’Unione, e di modificare  alcune sue linee politiche. Macron vuole rafforzare i legami con la Germania per far sì che l’Europa possa prendere inizitive “in modo più veloce e deciso”, superando l’informe ammucchiata dei ventisette Paesi aderenti. Una linea, la sua, inadeguata e insufficiente, ma “centripeta”,  interna ad una logica europea. Non mi pare che Spinelli o Pannella appartenessero al partito del “tanto peggio, tanto meglio”.  Non mi azzardo a sostenere che sarebbero oggi dei macroniani, oso però supporre che magari si darebbero da fare per accrescere il tasso di federalismo utilizzando al massimo il nuovo quadro proposto dalla vittoria di Macron, che almeno allontana il rischio di collasso del poco di Europa che ancora regge. E dunque, noi che facciamo?

In Italia (non so altrove) finora si sono viste iniziative un po’ presutuose e, diciamolo, piuttosto strumentali: convegni senza prospettive, appropriazione di slogan, piccoli presenzialismi ecc., destinati a non avere alcun seguito.  L’occasione Macron non è stata colta nella sua eccezionalità. Non si capisce che è già un fatto eccezionale che un uomo politico abbia fatto -  e in Francia! -. una campagna elettorale sollevando la bandiera dell’Europa. Quando sentiremo ancora dibattere di questo tema con pari intensità?

Credo sia stata Emma Bonino a sottolinearlo, di recente: «Sono stati americani come Obama e Kerry a ricordarci che mettere insieme 28 Stati, 24 lingue e 19 Paesi con la stessa moneta, sia stato il progetto politico più ambizioso e meglio riuscito dei nostri tempi. Peccato che non ci sia più un leader europeo che abbia la forza e il coraggio di fare questo racconto al suo popolo». Ben detto: ma c’è bisogno di un “leader” per avviare un discorso e assumere efficaci iniziative? Marco Cappato ha proposto di raccogliere  un nucleo di soggetti (militanti?) capace di porsi come il motore, o almeno il volano, della nascita di un vero “soggetto politico” federalista. Auguri, se si muoverà efficacemente  in tal senso. Ma credo che il “momento” Macron debba essere colto  mettendo  in atto ambizioni e prospettive assai più ambiziose, oltreché tempestive. L’effetto della vittoria potrebbe dileguarsi, e lo stesso Macron dimostrarsi inadeguato. Ma una grandissima parte dei suoi elettori hanno votato per l’Europa, deluderli o abbandonarli potrebbe essere catastrofico. Credo perciò si debba forzare i tempi, per esempio lanciando un appello per una sorta di “Convention” adeguatamente transeuropeo da cui fare uscire un gruppo dirigente, solidale e attivo attorno a poche, chiare proposte, operative ma anche di solido impianto teorico-politico. E lo schema potrebbe proprio essere quello di una “Federazione Leggera” di chiara ispirazione spinelliana. Con un aggancio, magari strumentale, ad un obiettivo che in questi ultimi tempi viene ripreso e riproposto anche in ambiti ufficiali e con responsabilità di governo: mettere in piedi una forza militare unica, europea, atta a fronteggiare evenienze ed emergenze.

Una”Convention” come quella che viene qui suggerita non dovrebbe contare (senza pregiudiziali nei confronti di nessuno) su personalità di governo.  Dovrebbe, in qualche modo, far intravedere il nocciolo di quel ”Popolo europeo” al quale pensò Spinelli dopo il fallimento della CED. Lui fallì, non è detto che oggi quel modello non possa riuscire. La Francia ci ha dato un responso straordinario conferendo, con bella maggioranza, responsabilità di governo a chi ha fatto campagna elettorale sotto le due bandiere, il  tricolore francese e le stelle della UE (Renzi la seconda l’aveva fatta togliere, se non sbaglio). Perché non pensare che analoghe maggioranze potrebbero risvegliarsi anche in altri Paesi?