DOPO MACRON, OLTRE MACRON
una “Convention”
per l’Europa?
(il “Dubbio”, 9
maggio 2017)
Bene, dunque, Emmanuel Macron supera la
difficilissima prova elettorale battendo largamente una
tosta Marina Le Pen. La Francia, il Paese chauvinist per
antonomasia, avrà ora un Presidente nettamente europeista.
E ora, noi che facciamo? Proprio così: noi, che facciamo? Lui il
suo compito lo ha assolto. Noi, invece, nemmeno abbiamo
capito quale sia, il nostro. Certamente, Macron non è un
seguace di Spinelli, forse ne ricorda appena il nome,
capitatogli sott’occhio in qualche lettura poco più che
giornalistica; forse il suo europeismo prevede, al massimo,
il rafforzamento dei tapporti con la Germania,
auspicati non solo da Schulz ma dalla stessa Merkel: una
prospettiva destinata ad aprire presto qualche dissenso con
il governo italiano, o con quel Renzi che bacchetta e
rimbecca il Presidente del Consiglio in carica, Gentiloni,
per far capire a tutti che nella stanza dei bottoni c’è
sempre lui. E lui ha una visione
dell’Europa in notevole
misura antitetica a quella di Macron. Renzi vuole aprire una
bagarre pregiudiziale, invocando la necessità di
apportare cambiamenti alla attuale governance dell’Unione,
e di modificare alcune
sue linee politiche. Macron vuole rafforzare i legami con la
Germania per far sì che l’Europa possa prendere inizitive
“in modo più veloce e deciso”, superando l’informe
ammucchiata dei ventisette Paesi aderenti. Una linea, la
sua, inadeguata e insufficiente, ma “centripeta”, interna ad una logica
europea. Non mi pare che Spinelli o Pannella appartenessero
al partito del “tanto peggio, tanto meglio”. Non mi azzardo a
sostenere che sarebbero oggi dei macroniani, oso però
supporre che magari si darebbero da fare per accrescere il
tasso di federalismo utilizzando al massimo il nuovo quadro
proposto dalla vittoria di Macron, che almeno allontana il
rischio di collasso del poco di Europa che ancora regge. E
dunque, noi che facciamo?
In Italia (non so altrove) finora si sono
viste iniziative un po’ presutuose e, diciamolo, piuttosto
strumentali: convegni senza prospettive, appropriazione di
slogan, piccoli presenzialismi ecc., destinati a non avere
alcun seguito. L’occasione Macron
non è stata colta nella sua eccezionalità. Non si capisce
che è già un fatto eccezionale che un uomo politico abbia
fatto - e in
Francia! -. una campagna elettorale sollevando la bandiera
dell’Europa. Quando sentiremo ancora dibattere di questo
tema con pari intensità?
Credo sia stata Emma Bonino a
sottolinearlo, di recente: «Sono stati americani come Obama
e Kerry a ricordarci che mettere insieme 28 Stati, 24 lingue
e 19 Paesi con la stessa moneta, sia stato il progetto
politico più ambizioso e meglio riuscito dei nostri tempi.
Peccato che non ci sia più un leader europeo che abbia la
forza e il coraggio di fare questo racconto al suo popolo».
Ben detto: ma c’è bisogno di un “leader” per avviare un
discorso e assumere efficaci iniziative? Marco Cappato ha
proposto di raccogliere un
nucleo di soggetti (militanti?) capace di porsi come il
motore, o almeno il volano, della nascita di un vero
“soggetto politico” federalista. Auguri, se si muoverà
efficacemente in tal
senso. Ma credo che il “momento” Macron debba essere colto mettendo in atto ambizioni e
prospettive assai più ambiziose, oltreché tempestive.
L’effetto della vittoria potrebbe dileguarsi, e lo stesso
Macron dimostrarsi inadeguato. Ma una grandissima parte dei
suoi elettori hanno votato per l’Europa, deluderli o
abbandonarli potrebbe essere catastrofico. Credo perciò si
debba forzare i tempi, per esempio lanciando un appello per
una sorta di “Convention” adeguatamente transeuropeo da cui
fare uscire un gruppo dirigente, solidale e attivo attorno a
poche, chiare proposte, operative ma anche di solido
impianto teorico-politico. E lo schema potrebbe proprio
essere quello di una “Federazione Leggera” di chiara
ispirazione spinelliana. Con un aggancio, magari
strumentale, ad un obiettivo che in questi ultimi tempi
viene ripreso e riproposto anche in ambiti ufficiali e con
responsabilità di governo: mettere in piedi una forza
militare unica, europea, atta a fronteggiare evenienze ed
emergenze.
Una”Convention” come quella che viene qui
suggerita non dovrebbe contare (senza pregiudiziali nei
confronti di nessuno) su personalità di governo. Dovrebbe, in qualche
modo, far intravedere il nocciolo di quel ”Popolo europeo”
al quale pensò Spinelli dopo il fallimento della CED. Lui
fallì, non è detto che oggi quel modello non possa riuscire.
La Francia ci ha dato un responso straordinario conferendo,
con bella maggioranza, responsabilità di governo a chi ha
fatto campagna elettorale sotto le due bandiere, il tricolore francese e le
stelle della UE (Renzi la seconda l’aveva fatta togliere, se
non sbaglio). Perché non pensare che analoghe maggioranze
potrebbero risvegliarsi anche in altri Paesi?