venerdì 24 ottobre 2014


RADICALI ITALIANI A CONGRESSO
di Angiolo Bandinelli

(da "Cronache del Garantista")

Sul fondale issato dietro il tavolo della presidenza del prossimo Congresso di Radicali Italiani (Chianciano, 30 ottobre - 2 novembre p.v.) dovrebbe apparire, in caratteri cubitali, la seguente scritta: “Per la pace / per lo Stato di diritto / democratico federalista laico / contro il ritorno del prevalere dei regimi”. Da alcuni radicali sono state sollevate obiezioni che però, anche se accolte, non ne modificherebbero sostanzialmente il senso. La stesura definitiva spetta comunque al segretario di Radicali Italiani (cioè a Rita Bernardini) che, per lo statuto ricalcato su quello del Partito Radicale, resta - nell'anno in cui è in carica - il dominus unico del movimento e risponde del suo operato solo al Congresso annuale, che spetta a lui convocare fissandone anche il tema.

Mi pare utile, sia pure in attesa della decisione di Rita Bernardini, offrire quel testo all'attenzione di una platea più vasta di quella dei frequentatori di uno o l'altro dei siti radicali. Quel testo, infatti, propone al dibattito congressuale di avviare un sostanziale approfondimento della linea del Movimento, rafforzandone il legame con il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito (PRNTT), di cui peraltro è soggetto costituente, ampliando di 180 gradi l'orizzonte dei suoi obiettivi e riportandolo all'osservazione puntuale e all'iniziativa sui temi più scottanti della politica mondiale: Radicali Italiani non deve essere una "provincia" localista della galassia, e il suo Congresso, ma poi il Movimento in sé e i suoi singoli iscritti, dovranno sempre più farsi carico di una situazione internazionale nella quale alcuni fenomeni regressivi da tempo presenti in forma endemica rischiano di esplodere sconvolgendo e travolgendo i già precari equilibri internazionali, con il ritorno di antiche forme di regime affiancate dalle nuove - non meno aggressive anche se più insidiose - che affiorano anche sull'uscio di casa, in Europa e, ovviamente, in Italia. Di queste nuove forme di regime si è discusso nel Convegno svoltosi a Bruxelles il 18/19 febbraio scorso ("Ragion di Stato contro Stato di Diritto"), il cui dossier viene in queste ore sottoposto al vaglio dei parlamentari della Camera dei Comuni, a Londra.

Per la prima volta, da anni, rientra nel dibattito congressuale dei radicali il tema della pace. Nato antimilitarista, il partito radicale del 1962 fu un efficace interlocutore-avversario di un PCI che si dichiarava "pacifista" nella difesa degli interessi dell'Unione Sovietica, all'epoca tesa nella sfida all'arsenale atomico americano, cui essa temeva di non poter contrapporre una tecnologia e una capacità di contrasto adeguata. L'odierno appello alla pace è un richiamo al dovere di rinnovare e rafforzare le difese della democrazia e delle democrazie contro i rischi di una crisi possibile e forse probabile e per opposi al riaffacciarsi, nel mondo, delle "democrazie reali". Radicali Italiani dovrà mettere in atto iniziative adeguate, innanzitutto per far crescere il "Diritto Umano alla Conoscenza - come ammonisce il Convegno di Bruxelles - su quel che lo Stato fa per conto del Diritto e della Legalità e per conto dei cittadini in nome dei quali governa". Il Partito Radicale (PRNTT) vuole portare dinanzi all'ONU questi temi, e richiama ora a questo essenziale compito anche Radicali Italiani, sottraendoli al rischio di proporsi come una copia attardata del populismo grillino, del resto ormai in via di esaurimento, sconfitto dalla superficialità di una lotta contro "la casta" del tutto impari alle necessità reali del paese. E' bene che Radicali Italiani raccolga l'appello, svincolandosi dalle illusioni del localismo associativo, responsabile - tra l'altro - di una vera e propria usurpazione statutaria, in quanto tende a mettere in ombra, con una inaccettabile occupazione del proscenio, le ragioni dell'iscritto, del militante, che al livello istituzionale è il vero, unico e solo soggetto formativo del Movimento stesso, così come lo è per il Partito Radicale. Le Associazioni sono, nello statuto, nella storia e nella prassi radicali, aggregati sempre "occasionali", strumentali e pragmatici, utili per singole battaglie ed iniziative, mai però depositari di un mandato illimitato né termini di tempo, e soprattutto senza pretese per quel che riguarda la determinazione della linea del Movimento. Il Congresso di Chianciano dovrà ristabilire le priorità statutarie, rafforzare il potere e il dovere istituzionale del Segretario annuale, far sì che egli (lui o lei) possa sviluppare il mandato congressuale con la collaborazione fattiva, anche se dialettica, del Tesoriere.

A conclusione di un grande anno, che ha visto convergere sul tema radicale della giustizia il Presidente della Repubblica e Papa Francesco, e la battaglia per le carceri fare enormi passi avanti, in Italia e in Europa, il Congresso di Radicali Italiani potrà dare l'avvio ad un anno ancor più grande, dedicato ad una valida Campagna transnazionale contro la Ragion di Stato e per lo Stato di Diritto.

mercoledì 8 ottobre 2014


                                                    UTERI, FAMIGLIE, SINODO
(da "Il Foglio)


Questa è grossa. Anzi è, decisamente, grossissima. Dopo l'utero in affitto, dopo l'eterologa, adesso abbiamo il bambino che nasce e si sviluppa dentro un utero trapiantato. La madre - quella che lo ha partorito - era nata senza, lo ha ricevuto per via chirurgica, con un trapianto (la vicenda me ne ha fatto ricordare un'altra di qualche anno fa, quando i ricercatori della Cornell University di New York misero a punto un  “utero artificiale” da utilizzare quando la donna sia impossibilitata a sostenere la gravidanza; ricordo che un bioeticista cattolico si disse certo che “un bambino nato da un utero artificiale sarebbe ad alto rischio di malattie mentali”: una balla, ma passò).  Tornando all'oggi, che diremo? Diremo che "non c'è più religione?" Forse dovremmo dirlo, visto che almeno per la religione cattolica sono già condannati l'utero in affitto e l'eterologa. Ora la chiesa si trova davanti a questo ulteriore ritrovato di una scienza sempre più faustiana, e fatalmente dovrà pronunciarsi negativamente anche su di esso. Dovrà condannarlo, è sicuro: perché, di quale madre è figlio il bimbo? Di quella che se lo è portato dentro per otto mesi, o della donna cui apparteneva l'utero trapiantato? Non è una questione oziosa, la donatrice vive ed è presumibilmente vegeta, ancorché in menopausa. Vegeta, altrimenti l'équipe medica che ha realizzato l'eccezionale intervento non avrebbe scelto, per il trapianto, il suo utero. Si capisce comunque che la foto di Vincent (il bambino) giri il mondo. E si capisce anche che l'evento sia accaduto in Svezia, un paese dove notoriamente certe problematiche etiche trovano scarsa attenzione ma si bada al sodo, specie se in salsa scientifica.

Non sarà un diritto, ma certo il desiderio di figli fa fare cose incredibili. Comunque, tutto questo accade nei giorni in cui a Roma è in corso un Sinodo Straordinario per discutere sui temi della famiglia. Immagino che problematiche di questo tipo affioreranno nel dibattito, anche se pare che la questione più spinosa sarà la possibilità o meno di aprire la comunione ai divorziati e a quanti siano passati a seconde nozze, magari solo civili. “I divorziati risposati civilmente appartengono alla Chiesa”, ha sostenuto nella sua "Relatio" introduttiva  il cardinale Peter Erdo, arcivescovo di Budapest, anche se aggiungendo, cavillosamente, che “nel caso di un matrimonio sacramentale (consumato), dopo un divorzio, mentre il primo coniuge è ancora in vita, non è possibile un secondo matrimonio riconosciuto dalla Chiesa”. Il tema   rappresenta “solo un problema nel grande numero di sfide pastorali oggi acutamente avvertite”, ma occupa molte delle tredici cartelle del discorso pronunciato da Erdo. Ad ogni modo, saranno sotto tiro “non le questioni dottrinali", ma le questioni “di natura squisitamente pastorale”.

Verrà ripresa nel Sinodo la tesi, oggi molto in voga in certi dibattiti italiani, che occorra soprattutto pensare a difendere la "famiglia naturale"? E' improbabile.  Le vicenda svedese ci ammonisce che ormai di "naturale" c'è poco, nelle questioni relative alla fertilità, alla nascita e, in generale, alla famiglia. Ma gli ottimi padri non hanno forse bisogno di questi ammonimenti, loro sanno benissimo che l'idea che vi sia una famiglia "naturale" da proteggere dagli attacchi relativistici della modernità è del tutto sballata, un portato di certo residuo eurocentrismo duro a morire, anche nella chiesa. Dei quasi duecento partecipanti al Sinodo, più della metà (106) proviene dall'Asia, dall'America latina, dall'Africa e dall'Oceania. E basta un giornalista de "La Stampa" per ricordare che ormai più che della "famiglia" occorrerà parlare di tante "famiglie", assai diverse ma non meno bisognose di attenzione e assistenza: "Ci sono regioni africane dove esistono matrimoni combinati tra bambine di dieci anni e uomini di sessanta. Ci sono Paesi, come il Niger e il Ciad, dove oltre il 70 per cento delle donne che oggi hanno un'età compresa tra i 20 e i 24 anni si sono sposate prima di averne compiuti 15"..."E non è certo facile per la Chiesa parlare di 'legge naturale' in regioni nelle quali è la poligamia ad essere considerata 'naturale', così come è cosiderato 'naturale' ripudiare una moglie non in grado di fare figli, o figli maschi", mentre in Melanesia esistono "società matriarcali nelle quali la responsabilità per l'educazione dei bambini è affidata gli zii materni più che al padre biologico".

Uno degli argomenti più in voga tra quanti nella Chiesa paventano certi cambiamenti è che la "misericordia" spesso invocata da Papa Francesco non possa né debba mai essere disgiunta dalla giustizia, e che la vera misericordia è proprio la giustizia. Mi viene da osservare, un po' semplicisticamente, che la giustizia è argomento intriso di rigorosa, consequenziaria logica, mentre la misericordia è moto dell'animo e della volontà che, se pur non estemporaneo e ingenuamente semplicistico, non può esimersi dal superare di slancio, quando necessario, le strettoie del diritto canonico. Nella passione di Cristo, il peccatore non diventa fratello? Io così credevo.