martedì 18 marzo 2014

la vita può avere momenti gradevolmente pieni, l'esistenza ha vuoti incolmabili

venerdì 14 marzo 2014

Nella vita della psiche le conclusioni - tutte le conclusioni - sono       sempre momentanee, provvisorie

lunedì 10 marzo 2014

                                                            SCRITTORI CATTOLICI


Gerard Manley Hopkins è uno dei massimi poeti inglesi dell'ottocento, dell'età vittoriana. Era un prete, anzi un gesuita, mi pare che dovette chiedere ai suoi superiori la dispensa per potersi dedicare alla diletta Musa. Il suo capolavoro è "The wreck of the Deutschland", un lungo poema ispirato ad un naufragio nel quale erano morte 157 persone, tra cui cinque suore francescane in fuga dalla Germania per sottrarsi alla politica anticattolica nota come "Kulturkampf". Hopkins è un grande poeta, ed è poeta intensamente cattolico, il suo percorso esistenziale ci richiama quello di Clemente Rebora, anche lui sacerdote e poeta. In questa sede mi interessa segnalare che Hopkins fu un formidabile sperimentatore linguistico. La sua poesia è tecnicamente difficilissima, ne conosco una sola traduzione in italiano, una vera impresa.  Come dire che in Hopkins la fede religiosa non si oppose alla "modernità" più spinta e rischiosa: Hopkins fu addirittura un protagonista della più spericolata avanguardia letteraria. Ciò è stato possibile perché era (anche lui) un gesuita?

Mi chiedo cosa possa significare, in generale, essere uno “scrittore cattolico”. Che è altra cosa - mi pare -  dall'essere uno scrittore “cattolico” (ci sono poi anche scrittori che chiamerei "di chiesa": io, da ragazzino, lessi proficuamente una raccolta di splendide lettere di Santa Saterina da Siena, dense di umori politici e civili). La mia curiosità viene soddisfatta da Wikipedia, che mi  offre una intera paginata di "scrittori cattolici". Nella lista incontro nomi eccellenti, quasi tutti contemporanei (e già questo dice qualcosa). Cito a caso: da Jean Guitton a Sigrid Undset, da Francois Mauriac a Giovanni Testori, da Bruce Marshall a Thomas Merton, a Susanna Tamaro,  e via via gli altri.  Nome eccellente su tutti? Verlaine, credo. Ma cosa li distingue, e cosa li accomuna? Ci sono snob come Waugh e Claudel, peccatori come Verlaine e Tommaseo (lui però non è su Wikipedia) che, secondo Manzoni, stava con un piede in sagrestia e l'altro in bordello, probabilmente ci sono asceti - anche se, nella lista, non riesco ad individuarne uno - ma non si può dire che questi o quelli trattino di argomenti apparentabili. Una qualche comunanza tra loro possono vantarla i polemisti francesi, da De Maistre a Bloy a Péguy, che facevano fronte comune contro la laicizzazione progressista, in forme e con una vigoria che non hanno riscontro in Italia. Graham Greene può essere collocato vicino a Chesterton, per loro la fede è una ricerca dell'Altro nelle pieghe della vita, ecc. Robert Lowell si convertì al cattolicesimo ("...gli occhi di Bernadette/che vide Nostra Signora, alta nella grotta/di Massabielle - così chiara la vide/ che la visione acciecò gli occhi/ della ragione...", traduz. mia) ma la fede non lo salvò dall'alcoolismo né dai disturbi psichiatrici.

La lista è, come ho detto, innanzitutto di contemporanei, però non c'è dubbio, per dire, che già Manzoni sia fortemente connotato sotto quella etichetta (o insegna?). Manzoni è cattolico, anche se con tendenze gianseniste assai forti e una spessa patinatura illuminista, e in quella veste appartiene ad un secolo, l'ottocento, ricco di scrittori immersi nel religioso o comunque con problematiche etiche, il senso del peccato, la colpa, l'angoscia, ecc.: c'è Melville,  c'è Dostojewsky e il cardinale Newman, c'è Kierkegaard... Nietzsche si occupa addirittura della "morte di dio".

Ho interrogato Google, ovviamente, ma non mi pare di avervi incontrato una analoga lista di "scrittori protestanti". Se dovessi individuare uno scrittore che possa essere definito tale è Melville, con il suo “Moby Dick”. Melville è protestante come Manzoni è cattolico, ma  i due hanno in comune l'attenzione verso il destino, il confronto con il male, il tema della salvezza. Achab sfida il destino per potersi confrontare con il Male, la balena bianca, demone esterno ma anche interiore. Manzoni descrive la lotta del bene contro il male in termini individuali - con Borromeo e l'Innominato come simboli e protagonisti - ma la sfida tra i due poli della morale lui la vede dispiegarsi soprattutto nella storia, nella grande storia dell'umanità e della società. Per Manzoni, gli uomini dovrebbero seguire i precetti della ragione illuminista, per esempio adottando leggi economiche liberiste (!!!) che favoriscano il commercio dei grani ed evitino la carestia; se non lo fanno, la loro disattenzione si tramuta in colpa, e dio li punirà abbattendosi giansenisticamente, con la peste, sul mucchio: Padre Cristoforo muore (accanto a Don Rodrigo) mentre si salva, accanto a Renzo e Lucia, il povero Don Abbondio, incolpevole ma certo non attento ai suoi doveri.  Quello degli "scrittori cattolici" è insomma un variato "melting pot". Se dovessi - maliziosamente - dire quale è l'espressione che meglio mi fa identificare lo scrittore cattolico, sceglierei Charles Péguy: "Il peccatore è al centro della Cristianità. Nessuno è così competente quanto il peccatore in materia di Cristianità. Nessuno, tranne il Santo".

domenica 9 marzo 2014