venerdì 23 agosto 2013


L'Upupa tecnologica
da "Il Foglio"

Upupa, ilare uccello calunniato...”. Montale riscatta l'alato frequentatore dei nostri boschi dall'immagine appiccicatagli addosso dal Foscolo, che definì l'upupa "immonda", con quel suo "funereo singulto" rivolto alla luna. Prenderò l'upupa montaliana a emblema di un Occidente del quale è bello sparlare, che è ovvio e doveroso investire di ogni possibile critica, coprire di ogni vergogna immaginabile, richiamare ad ogni sorta di pentimento e di espiazione: proverò, ovviamente senza speranza di riuscirci, a cancellare o almeno ad ammorbidire queste immagini, calunniosi stereotipi che falsificano la realtà ed impediscono di assumere atteggiamenti adeguati alle necessità, che pure incombono.

E innanzitutto, esiste l'occidente? Io uso poco questa espressione. Ma per secoli e secoli non si è avuto il minimo dubbio: l'occidente c'è. Anzi, fino dentro alle ultime fiammate di esotismo protonovecentesco l'occidente era la culla e sede di ogni virtù e valore, mentre l'oriente veniva spacciato come sentina di barbarie, di nequizie, di vizi (la lussuria era un suo peccato precipuo e distintivo). La fede nell'occidente fu la molla ideale, o l'alibi, del colonialismo: secondo Kipling, l'uomo dell'Occidente doveva portare su di sé il fardello del suo destino, della sua missione: colonizzare e civilizzare il mondo intero, anche con la forza e la violenza. Poi il capovolgimento, l'Occidente viene messo spietatamente (proditoriamente?) sotto accusa: intossicato da un relativismo prono al dio della tecnica, diventa la terra dell'Occaso, del tramonto, della perdita dell'essere e del senso stesso della vita. E' una gara unanime: l'occidente ha smarrito se stesso, ha perso le proprie più profonde stimmate, si sta suicidando!

Ma davvero è così? Davvero l'occidente è avviato alla inarrestabile decadenza? Le cifre, i fatti, ci dicono tutt'altro. Ci parlano, certo, di difficoltà, di incertezze e inadeguatezze: però ci segnalano, per esempio, che l'occidente (preso come un tutto, America più Europa) ha ancora la leadership del patrimonio oggi più importante per lo sviluppo, il capitale umano. Un quotidiano ha recentemente rilevato che ormai la massa della produzione manifatturiera si svolge in un oriente comunque convertito dalle sue millenarie religioni al culto dell'efficienza industriale e produttiva. Una città cinese, Shenzhen, da piccolo villaggio di pescatori è divenuta una delle capitali dell'industria manifatturiera mondiale. Migliaia di nuove fabbriche, intorno alle quali lavorano più di quattrocentomila tecnici e operai, vi assemblano iPhone e l'Ipad e cioè, sostiene il reporter, gli "esempi iconici della globalizzazione". Quel che non è prodotto a Shenzen esce poi dalle fabbriche di Singapore e Taiwan (o una qualsiasi altra località dell'oriente più lontano). Quando arriva al consumatore finale, l'iPhone o l'Ipad sarà stato toccato da una sola mano americana, quella dell'addetto alle consegne delle Poste. In America (e in parte anche in Europa) meno di un lavoratore su dieci lavora da operaio: come annota il giornalista, "è molto più probabile che un americano oggi lavori in un ristorante che in una fabbrica". Da decenni l'industria manifatturiera americana perde in media oltre 300.000 posti di lavoro all'anno. La delocalizzazione della produzione è un trend globale, che capovolge il sistema industriale mondiale.

Allora è vero: l'occidente è destinato al declino. Al contrario. Quegli iPhone e Ipad sono stati concepiti e progettati dagli ingegneri della Apple a Cupertino, in California. Negli ultimi cinquanta anni "gli Stati Uniti si sono reinventati, passando da una economia fondata sulla produzione di beni materiali a una economia basata su innovazione e conoscenza, cioè su un più ricco 'capitale umano'": l'inventività capace di sfornare "nuove idee". E questo capitale umano è divenuto "più prezioso" del capitale fisico: "Il valore aggiunto generato a Shenzen dalla lavorazione dell'iPhone è molto basso". "La Apple guadagna 321 dollari per ogni iPhone venduto, cioè il 65% del totale": buona parte di quei dollari finisce nelle tasche degli azionisti, ma una parte va ai dipendenti di Cupertino. "L'ambito della innovazione - insiste il giornalista - non è circoscrtitto all'alta tecnologia. Vi rientra qualsiasi occupazione capace di creare nuove idee e nuovi prodotti che non possono essere facilmente replicati". In futuro "le città popolate da lavoratori interconnessi e creativi diventeranno le nuove fabbriche". Visto il trend attuale, saranno ancora per lo più localizzate in America ma comunque, presumibilmente, in occidente. Questo occidente non è dunque in crisi. Schumpeter ci ricorda che il capitalismo è "distruzione creatrice". In un'epoca di innovazioni globali molto si è dovuto e si dovrà distruggere. L'occidente paga per questo (paga assai di più per un accresciuto deficit di democrazia, e su questo dovrò tornare) ma per crescere e svilupparsi non dovrà affidarsi alle geremiadi e alle condanne, poco o punto laiche, degli hedeggeriani europei (soprattutto tedeschi). L'upupa europea si salverà, semmai, se si adeguerà al pragmatico relativismo tecnologico dell'America.



domenica 18 agosto 2013

Dicono che ora sei nella luce.
                    Io ti cerco - ma
                           non ti vedo

martedì 6 agosto 2013

l'analista, lo psicologo, traduce tutto in uno schema. Il che può essere necessario, purché non si riduca ad una ovvietà.